di Paolo Maninchedda
Il cervello di un assessore di media intelligenza ha normalissimi tassi di tolleranza delle normali tensioni dell’azione di governo.
Poi accade che ci siano giorni in cui tali tensioni si concentrano tutte in una volta e allora l’assessore ha una sola via d’uscita: uscire, respirare aria fresca, camminare, preparare la cena per la famiglia e poi bersi un bicchiere di vino (buono) alla salute di tutti i guai del mondo.
Ma la situazione peggiora quando, l’indomani mattina, alzatosi, il suddetto assessore viene colto da un attacco combinato di orchite a giravolta bilaterale e di diverticolite nervosa dopo la lettura dei giornali. Non può certo bersi un bicchiere di vino di prima mattina; non può preparare la cena; non può uscire a passeggiare alle 5 e un quarto perché lo fermerebbero e gli misurerebbero la febbre, non può scrivere al Presidente della Regione perché lo manderebbe al diavolo, e quindi alla fine scrive sul blog, facendo però una straordinaria esperienza di scrittura in stato di levitazione grazie al turbinoso girare delle gonadi in preda all’orchite bilaterale a giravolta di cui sopra.
La sera precedente l’assessore aveva appreso che l’anno prossimo si dovrà sospendere l’assegnazione dei lavori di un lotto della Sassari-Olbia che comportava lo spostamento di una linea elettrica, perché occorrerà aspettare la fine del periodo riproduttivo della gallina prataiola che nessuno ha mai visto frequentare i cigli delle strade, né i 500 metri circostanti, giacché tutti sanno che è un uccello sospettosissimo. Tant’è, nella Regione che ha anche un’azione del Piano di Sviluppo Rurale per la tutela della Gallina prataiola si ritiene che esistano anche le galline autostoppiste e quindi tutti insieme inneggiamo alla gallina: “Viva, viva la gallina”. Ovviamente nessuno fa la cosa di buon senso che occorrerebbe fare e cioè andare a vedere se nell’arco del territorio interessato dallo spostamento della linea si sia mai vista una gallina e se mai si sia trovato un nido di gallina prataiola in prossimità di quella strada.
Poi, stamane, i giornali danno il bollettino giudiziario su Abbanoa. Quindi adesso veniamo a sapere che c’è un nuovo filone di indagine: sotto inchiesta sarebbe adesso il bando per il recupero crediti. Mi aspetto adesso l’apertura di un fascicolo giudiziario sulla caduta tricologica nel personale dipendente. Ovviamente, dopo questo articolo, chi diavolo dovrà andare a parlare con le imprese, con le banche, con i consiglieri regionali, con i sindaci, e spiegare loro che la magistratura fa il suo mestiere, che qualche chiacchierone ne fa un altro, e che c’è sempre un assessore che fa il cireneo e cerca di tirare la baracca? La risposta è semplice: il solito assessore. Il quale assessore, però, non è titolare di tutte le funzioni relative ad Abbanoa. Il più importante soggetto di controllo è Ato. Il secondo è il Distretto Idrografico della Sardegna e in ultimo, come azionista, c’è l’Assessorato. Ma l’Assessorato, perché organo politico che dovrebbe rappresentare in questa vicenda la Sardegna intera, risente di tutto, di chi fa e di chi non fa, e quindi soffre di orchite.
Infine, abbiamo un fatto economico di grande rilievo che deve far riflettere tutti quelli che hanno sempre sorriso dinanzi alle mie posizioni sulla fiscalità di vantaggio in Sardegna. Mi sto occupando della vicenda di Ottana Polimeri e della crisi del Pet. Indotto da alcune conversazioni con l’impresa e con i sindacati, sono andato a leggere i testi disponibili sul mercato del Pet. Il quadro è chiaro: la domanda mondiale è di circa 20 milioni di tonnellate anno. La produzione è di 29 milioni di tonnellate. La Cina già ora, con gli impianti di produzione al 65% della potenzialità, sta inondando il mercato con un surplus della produzione (produce 8 milioni di tonnellate e ne consuma circa 4) tale da abbattere paurosamente il prezzo. Ma la cosa interessante in Europa è questa: l’Egitto, la Turchia (senza contare la Thailandia perché è fuori dall’Europa) garantiscono ai produttori di Pet un regime fiscale free: zero tasse. Quindi si realizza la classica ipocrisia tra fisco e dazi. Nessun dazio tra paese e paese in nome del libero commercio, ma regimi fiscali non allineati, per cui il paese a tasse zero di fatto è come se estendesse un dazio di vantaggio interno e un vantaggio competitivo su tutti i mercati che invece tassano il manifatturiero. Non a caso l’industria del Pet europea sta chiudendo. Che cosa sarebbe la Sardegna se avesse un regime fiscale agevolato, che le è dovuto dopo un secolo e mezzo di regime fiscale ingiusto che le ha impedito di accumulare capitali? Ditelo voi.