Che facciamo, ci prendiamo una banca o ci ciucciamo il dito?

ovadadi Paolo Maninchedda
Avantieri re Matteo ha emesso un importante decreto con ceralacca, sigillo aureo e trillo di tromba. Per una volta la “squilla” (come la chiamava Leopardi) non suona per i poveracci (Hemingway  si fece una domanda retorica) ma per i banchieri e in particolare per quei banchieri che fanno i banchieri pur essendo bancari, cioè i banchieri delle banche popolari. Le banche popolari entro un anno e mezzo dovranno diventare società per azioni. Ovviamente, adesso tutte stanno cercando i soci migliori, ma andiamo per gradi.
Nelle banche popolari i soci non “pesano” per il capitale versato, ma per testa. Quindi io che verso 10 e tu che versi 100 contiamo entrambi un’azione a testa. Questo spiega perché, quando le banche popolari fanno le assemblee degli azionisti, riuniscono migliaia di persone: non è che io non ami l’assemblearismo, ma quando è un’assemblea oceanica a decidere come investire e tutelare il mio risparmio, il mio risparmio è gestito dal managment, cioè dagli impiegati e mi si girano due righe le orecchie, come a tutti.
Non è che re Matteo abbia fatto una cosa originalissima, ma comunque ci ha cravato un bel colpo, ha fatto scendere Domenghini sulla fascia, con la maglietta fuori dai pantaloncini e i calzettoni abbassati, il difensore ingolfato a mezzo metro, la palla ruzzolante sempre davanti, e alla fine ha spennellato un cross così elegante che anche quel cancarato di Padoan ha fatto goal da fermo.
Ora, da tempo immemorabile l’Europa diceva che questa anomalia italiana doveva finire, non foss’altro perché molte di queste banche di lotta e di governo non hanno superato gli sress-test  della Bce.
Tutto questo, in che misura ci riguarda? Ci riguarda eccome, perché una delle banche popolari è la Bper, la controllante del Banco di Sardegna. Adesso la Bper ha bisogno della Fondazione Banco di Sardegna, la quale non è governata da uno lento, ma da uno che se prende il pallone, monta il sistema di puntamento, fa dribbling che mancu li cani e va in rete non per sforzo, ma per vocazione. È da qualche mese che Antonello Cabras sta dicendo agli emiliani che non siamo abituati a non salire ai piani alti e ha chiesto ad Antonello Arru di chiamare continuamente l’ascensore. Antonello si piazza lì ogni mattina e pigia. Questa volta re Matteo ha detto agli emiliani che devono trovare soci e i soci, come è noto, devono essere amici. Ovviamente il due volte erroneo Sole 24 Ore oggi prevede che sia la Popolare di Milano con la Carige a diventare il socio di riferimento della Bper, ma non è semplice e non è facile  e comunque noi sardi possiamo finalmente combattere. Che facciamo, ci riprendiamo una banca o facciamo finta di niente? Ci schieriamo con la Fondazione su un grande progetto per il credito in Sardegna o parliamo di bambole? I grandi temi devono tornare al vertice dell’agenda politica sarda, proviamoci.

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